Albero di Natale vero o finto? Quale inquina di più (la risposta non è scontata)

Albero di Natale vero o finto? Quale inquina di più (la risposta non è scontata)

Ogni dicembre ci ritroviamo davanti allo stesso bivio: il profumo di resina che riempie il soggiorno o la praticità di una scatola che si apre in cinque minuti. Sembra una scelta di gusto, in realtà cambia l’impronta ambientale del nostro Natale. **La differenza la fa l’uso nel tempo.**

La domenica pomeriggio, garden center affollato, bambini che toccano gli aghi e il signore col cappello che spiega la differenza tra abete rosso e Nordmann. Io annuso l’aria, penso a quante stagioni ha impiegato quell’albero per crescere, mentre il mio vicino manda foto di un abete artificiale “in offerta” dal telefono. Nel corridoio accanto una signora trascina una scatola con scotch da pacchi, residui di brillantini ovunque, fedeltà di anni o semplice abitudine? *È capitato a tutti quel momento in cui il cuore dice una cosa e la testa un’altra.* La domanda resta lì, tra il profumo di bosco e la plastica: quale scelta pesa meno sul pianeta e sulla nostra vita? La risposta non è scontata.

Albero vero: cosa c’è davvero dietro quel profumo

Un albero vero nasce in coltivazioni dedicate, non in foreste antiche: pascoli collinari convertiti a filari di abeti, taglio programmato, nuovi impianti ogni anno. Mentre cresce, cattura CO2, ospita insetti, trattiene il suolo dalla pioggia, se la gestione è fatta con testa. Poi arriva il viaggio fino alla città, la rete, il salotto caldo, l’acqua nella base. **Il vero problema non è l’albero: è lo smaltimento.**

Prendiamo un abete di due metri: 7–10 anni di crescita, un autocarro, tre settimane in casa. Le stime del Carbon Trust parlano di circa 3–5 kg di CO2 se a fine festa viene triturato o compostato, che possono salire fino a 16 kg se finisce in discarica (il metano fa la differenza). A Milano e Torino ci sono raccolte dedicate: gli alberi vengono cippati e trasformati in pacciamatura. In un piccolo vivaio in Trentino, il coltivatore mi mostra le file sostituite ogni stagione: “Per ogni albero venduto, ne metto a dimora tre”. Non è marketing, è il ciclo.

La provenienza conta: un albero coltivato a 50 km da casa e smaltito bene ha un profilo molto diverso da uno importato e buttato nel secco. Anche il metodo: in vaso con radici può vivere dopo Natale, ma sopporta poco il caldo di casa e il rischio di fallimento è reale. Il noleggio è una soluzione curiosa: l’albero viene adottato, poi rientra in vivaio, e torna l’anno dopo un po’ più grande. Non è per tutti, certo. Funziona se il trasporto è breve, e se non lo trattiamo come un soprammobile.

Albero finto: plastica, durata e verità scomode

L’albero artificiale è comodo, uniforme, sempre “pieno” al primo colpo. La sua impronta iniziale sta soprattutto nella plastica (spesso PVC) e nel metallo, con una fetta di emissioni dovuta alla produzione e al trasporto intercontinentale. Le analisi più citate parlano di 30–40 kg di CO2 per un modello medio: il punto è spalmarli su molti anni. Se lo tieni per almeno 10–15 Natali, l’impatto annuale scende e può pareggiare o vincere contro un vero preso ogni anno in auto e smaltito male. Un artificiale ha senso se dura a lungo.

Tanti lo scelgono per allergie, gatti curiosi, ritmi di lavoro. Gli errori classici? Comprare un modello low cost e cambiarlo dopo due stagioni, integrare luci non riparabili, optare per glitter e neve spray che rilasciano microplastiche. Meglio un albero dalla forma classica, con rami ad innesto e luci separate, magari in PE o PVC riciclato, e una custodia decente. Diciamolo: nessuno lo monta e lo pulisce “a regola d’arte” ogni singolo anno. Ma riporlo asciutto, lontano da sole e calore, è già metà dell’impronta salvata.

Il tema sanitario non è secondario: certi PVC rilasciano composti sgraditi, specialmente se vecchi o scadenti. Cerca certificazioni, evita spray innevanti e glitter, scegli decorazioni riutilizzabili. Pianifica dall’inizio che quell’albero resterà con te per molti inverni, non per due traslochi.

“Tenere un albero artificiale per almeno dieci Natali cambia l’ordine di grandezza dell’impronta per anno. Il resto è logistica.”

  • Acquista una volta, bene: struttura metallica solida, rami sostituibili.
  • Evita neve finta e glitter: microplastiche ovunque.
  • Conserva in luogo asciutto e buio: durabilità = meno spreco.
  • Ripara, non sostituire: piccoli pezzi fanno la differenza.

La scelta più leggera: dipende da come vivi

Se abiti in città con raccolta post-feste e hai un vivaio vicino, l’albero vero (meglio locale e certificato) smaltito come cippato spesso vince. Se vivi lontano, usi l’auto per tutto, e sai che terrai l’artificiale per 12–15 anni, la matematica cambia. In mezzo ci sono gli ibridi: albero vero in vaso se sai farlo svernare, formule di noleggio con chilometri controllati, gruppi di acquisto nel quartiere per ridurre le consegne. Ognuno ha i suoi Natali, il suo tempo, le sue mani disponibili.

Poi c’è quel fattore invisibile: le luci a LED con timer, il termostato, le candele accese a caso, i viaggi. Spesso l’impronta del “contorno” supera quella dell’albero. Vale per le decorazioni fatte a scuola e riusate, per l’energia verde, per il cenone cucinato senza sprechi. Cambia più un’abitudine ripetuta che un singolo acquisto ben pensato. E l’albero, vero o finto che sia, diventa il promemoria gentile di come stiamo al mondo.

Se ti piace l’odore di bosco e puoi chiudere il cerchio con compost o cippato, vai sereno sul vero. Se ami la praticità e punti alla lunga durata, prometti a te stesso che quello artificiale non sarà “usa e cambia”. In entrambi i casi, la scelta più sostenibile è quella che riesci a mantenere negli anni senza barare con te stesso.

Punto chiave Dettaglio Interesse per il lettore
Albero vero locale, smaltito come cippato/compost 3–5 kg CO2 circa; supporta filiere del territorio; attenzione a pesticidi e torba Scelta “di pancia” che può essere anche leggera per il pianeta
Albero artificiale tenuto 10–15 anni Impronta iniziale 30–40 kg CO2, diluita su molti usi; scegliere materiali e qualità Comodità senza sensi di colpa se dura davvero nel tempo
Vero in discarica o finto cambiato spesso Methane e rifiuti: picco di emissioni e spreco di risorse Scenario da evitare con piccole decisioni pratiche

FAQ :

  • Un albero vero “toglie” bosco alle foreste?Di norma no: proviene da coltivazioni dedicate, con reimpianto programmato. Scegli certificazioni (FSC/PEFC) e provenienza locale per sostenere pratiche migliori.
  • Quanti anni devo tenere un albero finto per pareggiare l’impronta?Indicativamente 10–15 anni; in alcuni scenari più impattanti per il vero (auto lunga distanza, smaltimento in discarica) il pareggio può arrivare un po’ prima, in altri richiede fino a 20 anni.
  • Meglio un albero vero in vaso con radici?Sì, se sai gestirlo: pochi giorni in casa, lontano da fonti di calore, poi svernare all’esterno. La sopravvivenza non è garantita, ma quando funziona è la scelta più circolare.
  • Come smaltisco un albero vero dopo le feste?Usa le raccolte comunali dedicate: cippatura e compost. Evita l’indifferenziato: in discarica produce metano e alza l’impronta.
  • Le luci e le decorazioni quanto contano?Più di quanto pensi: LED con timer riducono i consumi, decorazioni riutilizzate per anni abbattono rifiuti. Evita glitter e neve spray: rilasciano microplastiche.

2 commenti su “Albero di Natale vero o finto? Quale inquina di più (la risposta non è scontata)”

  1. sébastienvoyageur

    Je veux l’odeur du bois, mais mon chat veut l’escalade… verdict: sapin loué? Quelqu’un a testé le service de location en ville?

  2. Merci pour les chiffres (3–5 kg vs 30–40 kg), ça aide à trancher 🙂 Je vais viser un vrai local, collecte municipale pour le cippato, et basta.

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